E. Cioran, Recensione a “La psicologia delle visioni del mondo”

Karl Jaspers, Psicologia delle visioni del mondo.

Recensione di Emil Cioran in Psicologia delle visioni del mondo 1919-2019, “Studi jaspersiani” VII (2019), a cura di Anna Donise, Oliver Immel, Ivan Rotella

Le considerazioni di questo libro di Jaspers si inquadrano nella serie di problemi che la filosofia contemporanea della vita ha posto al centro delle preoccupazioni del nostro tempo. L’antinomia tra la forma e la vita, tra la meccanizzazione e la spontaneità, tra il sistema e la storia, tra la norma e il vissuto, tra la problematica e l’intuizione, tra la razionalità e l’irrazionalità, tra la trascendenza vuota e l’immanenza concreta costituiscono gli elementi che danno al libro di Jaspers il carattere di attualità che proviene dalla capacità di cogliere i problemi del presente nel loro elemento drammatico e intimo. Questa antinomia è una reazione contro la tendenza alla formalizzazione della vita, che consiste nella perdita del contenuto vivo e concreto tramite l’eliminazione dell’esperienza e il predominio degli schemi astratti e rigidi. La schematizzazione della vita equivale alla sua negazione. Jaspers considera le concezioni del mondo attraverso la prospettiva con cui Spengler giudica le grandi culture. Il paragone ha valore indipendentemente dalla scoperta di determinati condizionamenti. Del resto, i suoi libri sono stati concepiti più o meno nello stesso periodo. È un grande merito dell’autore aver provato sin dall’inizio a determinare il senso della filosofia contemporanea. Secondo lui essa si caratterizza per la tendenza alla considerazione universale, indipendentemente da un’attitudine viva. Essa si mantiene di fronte alla molteplicità in un atteggiamento descrittivo (che non è propriamente un’attitudine). La vera filosofia è profetica e la sua eminenza consiste nell’adeguamento a una posizione che esclude tutte le altre. Essa isola gli elementi che le convengono dalle costruzioni teoriche, fornisce loro un’unità sistematica, opponendole a tutte le altre. Solo in una filosofia come questa il sistema serba il suo senso specifico, che consiste nel processo di semplificazione e riduzione dei dati vari e molteplici. La filosofia profetica ha una struttura normativa. La fissazione agli ideali, agli ordini trascendenti di valore le è essenziale. Da qui la sua tendenza ad ancorarsi nella vita, esercitando influenze che la modificano, ecc. La filosofia contemporanea, dominata dalle ricerche psicologiche e sociologiche, ha abbandonato l’isolamento in cui la filosofia profetica si manteneva di fronte alla varietà e alla diversità delle concezioni del mondo. Qui risiede la sua superiore comprensione, ma anche la sua improduttività. La ricerca psicologica sulle concezioni del mondo non deve deviare verso uno psicologismo eccessivo, che consideri le forme della vita spirituale come semplici illusioni, come aspetti soggettivi senza valore, ma neppure verso un ontologismo che scopra delle affinità con le radici della realtà. Hegel fa un tentativo di psicologia sistematica delle concezioni del mondo nella Fenomenologia dello spirito. Solo che Hegel oggettivizza, vuole conoscere il tutto; Jaspers, al contrario, soggettivizza perché vuole conoscere soltanto l’uomo e le sue possibilità. Gli studi storici e psicologici conducono all’antropologia. I più grandi psicologi delle concezioni del mondo sono Kierkegaard e Nietzsche, che hanno esperito in maniera molto originale la problematica dell’esistenza. A loro non interessa l’inquadramento delle concezioni nella storia, ma “l’esistenza”: l’individualità, la dialettica di qualsiasi essere soggettivo. Le diverse forme di concezione del mondo si mostrano in un processo che, attraverso lo spostamento del centro sostanziale, ha originato peculiari forme derivate e inautentiche. L’inautenticità, la formalizzazione, la differenziazione e l’assolutizzazione rappresentano gli aspetti dell’emancipazione delle forme derivate dalla sostanzialità originaria e specifica delle forme autentiche. L’indefinito funzionale e formale prende il posto dell’infinità e della legalità concrete del contenuto. Si può vedere qui la tendenza di Jaspers a considerare il formale in opposizione alla vita. Secondo lui, la stessa filosofia profetica non è lontana da una tendenza alla formalizzazione, in quanto si preoccupa solo del rapporto rigido tra l’oggetto e il soggetto, tra l’anima e il mondo. Questo rapporto è interpretato nella sua funzione di generalità assoluta. La psicologia non conosce questo rapporto fisso e rigido, ma soltanto punti di vista, attitudini, di fronte ai quali essa si mantiene in una posizione prospettica. Del resto, la disposizione prospettica è essenziale per il senso psicologico come anche per quello storico. Le attitudini che la psicologia indaga sono tre: le attitudini oggettive, le attitudini di riflessione sulla propria persona e quelle entusiastiche. Tra queste ci riferiremo solo a quelle oggettive che, a loro volta, hanno tre forme: attiva, contemplativa e mistica. L’uomo attivo, l’uomo di volontà, sente il mondo come un ostacolo che deve essere vinto; il mondo dipende parzialmente da lui. Questa coscienza della dipendenza del mondo dalle sue forze soggettive gli conferisce l’incessante illusione della potenza. Gli manca la prospettiva onnicomprensiva; per questo vive esclusivamente nel presente. Le categorie dell’attitudine attiva sono: l’interpretazione dell’intelligenza come un mezzo, il movimento, la decisione, il coraggio, il successo. L’attitudine contemplativa, con le sue forme particolari, estetica, razionale, ecc., si caratterizza per la distanza di fronte al reale. Questa separazione spiega perché nell’attitudine contemplativa le forme a priori giochino un ruolo essenziale, escludendo la semplice ricettività impersonale. Nell’attitudine mistica, realizzandosi la soppressione della qualità soggetto-oggetto, si oltrepassano tutte le realtà e tutte le antinomie. Come conseguenza dell’assenza del rapporto tra soggetto e oggetto, manca anche la forma estetica di una strutturazione oggettiva, manca l’efficacia degli imperativi etici – poiché non esiste alcuna opposizione né alcuna disgiunzione. Esiste nel libro di Jaspers un elemento kierkegaardiano, che impressiona profondamente: la sua concezione della struttura antinomica dell’esistenza. Le antinomie possono provenire sia dall’oggettività – per esempio il carattere di totalità della vita e nello stesso tempo il complesso di funzioni che la caratterizzano – sia dalla soggettività. Se hai un impulso, vivi immediatamente in una polarità, perché nella vita psichica l’uno implica il suo contrario. A ogni desiderio si oppone l’elemento contrario. Le situazioni limite, come l’accidente, il peccato, ecc., mostrano la condizione umana come antinomica. Di fronte all’angoscia e ai problemi insolubili, alla relativizzazione e all’inconsistenza delle forme di vita, l’uomo tende a costruirsi un quadro di esistenza limitata, con certezze e verità. L’arrestarsi, il soffermarsi nel limitato, corrisponde a un bisogno di quiete, di incistarsi e di rottura del contatto con l’esterno. L’uomo ha bisogno di ricette per l’azione, di norme immutabili, di delimitazioni e di unità, di istituzioni e di gerarchie tradizionali; non il divenire, con le sue forme molteplici e mutevoli, che danno alla vita il suo carattere di tragica instabilità, ma l’esistenza fissa in cui egli si sente definitivamente inquadrato. Colui che vive nella sfera limitata desidera con intensità il possesso, l’accesso all’assoluto. Per colui che è fermo nell’illimitato, l’inaccessibilità dell’incondizionato e dell’infinità costituisce una ragione giustificativa della propria esistenza, poiché l’accesso e il possesso portano alla meccanizzazione, da lui rifiutata a priori. Coloro che vivono accerchiati sono estranei alle situazioni limite, alle grandi esperienze. Le forme del limitato possono essere sia immediate, spontanee, e constare di un adattamento irrazionale, oppure scelte consapevolmente attraverso un ritorno dall’abisso del nichilismo. Se l’esperienza nichilista poteva essere una crisi feconda, una lotta disperata con profonde possibilità, il ritorno verso le forme del limitato, l’incistarsi in una conchiglia, l’attaccarsi al guscio equivale all’esaurimento delle energie vitali. L’esperienza del limitato significa dovere, ricetta, legge, regola, validità generale, forma razionale, ecc. A questo modo di vita corrisponde, sul piano teorico, il razionalismo che, secondo Jaspers, dimostra una grande incomprensione per la vita in tutte le sue forme. Il razionalismo non ha forza propria, ma è pura attività di formazione; vuole presentare di fronte all’uomo un’immagine chiusa del mondo, stabilire ordini di valori e orientare la condotta nella vita. Quali sono le manifestazioni della tendenza razionalista? Jaspers trova numerose espressioni di questa tendenza, la cui analogia è, tuttavia, soprattutto formale: la tecnica, la disciplina epicurea, gli esercizi spirituali, le nozioni di onore, civiltà, stoà, gesuitismo. Il razionalismo raggiunge l’illusione delle validità intemporali, delle leggi eterne, dell’oggettivazione assoluta. La mancanza di limiti è pensata teoricamente, ma non vissuta. Tutto il divenire gli sembra pura apparenza; tutto ciò che è temporale indifferente. L’opposizione a questa attitudine è l’esperienza del paradosso, lo scontrarsi con i limiti, il vissuto dell’antinomia in tutto ciò che esiste, senza l’illusione della trascendenza. Il razionalismo sta in completa opposizione con l’interiorità nordica, con le speculazioni mistiche o con i paradossi del cristianesimo; è incapace di comprendere la struttura dell’irrazionalità individuale, del divenire concreto. Costruisce un mondo di sfere diverse di valori che si urtano tra di loro. La libertà non esiste nel limitato; solo attraverso il superamento delle forme, dei quadri limitanti, nell’esperienza viva dell’infinità si realizza la libertà. Un assolutismo dei valori, che sia imposto da una coscienza razionale o da una collettività, conduce alla negazione della libertà. Senza volerlo, Jaspers ha sviluppato tutta la problematica della filosofia della vita. Le riserve su di essa non hanno alcuna importanza.

[Traduzione dal romeno di Mattia Luigi Pozzi]